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No, non ce l'ho

I pomodori per l'insalata, quelli di Sorrento, non li ho ancora.

I pomodorini sono pochi.

I corbarini sono pieni di lepidotteri.

I friggitelli sono pochissimi.

I fagiolini mentre ero in Israele sono diventati enormi e non si sono più ripresi.

No, non ce l'ho.


Sarà stata questa la motivazione del mio pianto disperato di martedì sera?

Non credo, non solo, non lo so.

Martedì sera ho finito di vedere la terza stagione di Stranger Things.

Per cui se non l'avete vista, sappiate che da qui in poi ci sono gli spoiler.

Ho pianto come una disperata, ma proprio come una fontana e non sono gli ormoni della sindrome premestruale, nemmeno la morte di un personaggio che mi è piaciuto da sempre o il fatto che la serie, onestamente, in questa stagione abbia avuto dei punti controversi.

Non ho pianto quando Dustin e Suzie hanno cantato The Neverending Story, il momento più nonsense della puntata, non ho pianto quando Joyce l'ha fatto saltare per aria, ho pianto quando le parole di Jim hanno preso il mio stomaco e tutti i miei traumi adolescenziali e presenti e li hanno riportati a galla. Per cui sì, non mi vergogno ad ammettere di aver pianto per una serie tv, per quello che è riuscita a comunicare a me, per avermi sbattuto in faccia ancora più forte le mancanze che ho avuto, che ho, e che mi porterò dietro per sempre.


Non starò qui a spiegarvi tante cose, a raccontarvi tanti episodi che non vedranno mai la luce di uno schermo e forse nemmeno diventeranno mai parole ma soltanto ricordi che vorrei un giorno potessero sbiadire ma non lo faranno mai. Vi tradurrò la lettera, perché non credo che tutti quelli che finiscono qui su questo blog agricolo-introspettivo siano fan della serie, e se lo siete potete anche saltare questa parte.


"... Sentimenti. Sentimenti. Cazzo. La verità è che per un bel po' di tempo avevo dimenticato cosa fossero. Sono rimasto fermo in un punto, in una caverna, come diresti tu. Una caverna profonda e buia. E poi ho lasciato degli Eggos nel bosco e tu sei entrata nella mia vita e per la prima volta dopo tanto tempo, ho iniziato a sentire di nuovo. Ho iniziato a sentirmi felice. Ma ultimamente devo dire di essermi sentito distante da te. Come se tu ti stessi allontanando da me. Mi mancano i giochi da tavolo con te, fare folli Eggos a tre piani all'alba, guardare i western la sera finché non ci addormentiamo. Ma so che stai diventando grande. Crescendo. E immagino, se devo essere sincero, che sia questo a spaventarmi. Non voglio che le cose cambino.

Quindi credo che sia per questo che sono qui, a cercare forse di fermare quel cambiamento. A mandare indietro l'orologio. A riportare le cose dov'erano. Ma mi rendo conto che sia un pensiero ingenuo. La vita semplicemente non va così. Si muove. Si muove di continuo, che ti piaccia o no. E sì, a volte fa male. A volte è triste. E a volte è sorprendente.

Quindi sai cosa? Continua a crescere. Non lasciare che io ti fermi. Sbaglia, impara dai tuoi errori, e quando la vita ti farà del male, perché lo farà, ricordati il dolore. Il dolore fa bene. Significa che sei uscita dalla caverna. Ma per favore, se non ti dispiace, per il bene del tuo povero vecchio papà, tieni la porta aperta almeno 8 centimetri."


Quindi se ti voglio stare a sentire Jim, vuol dire che questo dolore significa che sono fuori dalla caverna, tu dici? Non ne sono così sicura. Eppure di cose ne sento tante, di sentimenti ne provo tanti e non sono tutti belli. A me manca rubare i gelsi dal giardino del vicino, imparare le canzoni napoletane e pure imparare i nomi dei pesci e aspettare il 14 febbraio per condividere una festa. Eppure sapere che tutto questo manca solo a me, che la paura che io crescessi è sempre stata piuttosto una grande rabbia, che quella porta non ho mai dovuto lasciarla aperta perché non c'eri. Sapere che le cose sono cambiate, che indietro non si torna, perché la distanza una volta che ha raggiunto il suo punto massimo è come un elastico slabrato: non tornerà mai come prima e non terrà più insieme niente, né le cose, né tantomeno le persone.


Pate e ffiglie so' ppariente lasche.

Padri e figli sono parenti alla lontana.

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