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La sindrome da chiusura dell'ombrello

Ci avete mai fatto caso che quando piove in maniera discontinua c'è sempre la scena dell'ombrello? Intendo quella geniale e inconsapevole operazione di marketing che prima o poi qualcuno fa: tirare fuori la testa dall'ombrello, piegando il collo verso l'alto, con gli occhi che sperano di non rimanere colpiti in pieno da una goccia. Solitamente la cosa è accompagnata da una mano tesa, col palmo rivolto verso l'alto, come i bimbi quando vengono a prendere le caramelle, solo con la speranza inversa: che sulla mano non si poggi nulla.


Il primo che caccia la testa fuori dall'ombrello e, se tutto va bene, lo chiude, verrà guardato con felice curiosità. Nel caso in cui invece il test dell'acqua abbia esito negativo, molti guarderanno l'impavido/a cavaliere con quel solito cipiglio critico, pensando "vabbuò, ma si vedeva che non ha ancora smesso, ne scè!"


Dice perché parli di marketing su 'sta cosa?


Per due motivi.

Il primo: se qualcuno fa una cosa e il risultato è positivo, tutti faranno lo stesso, o almeno ci proveranno. Io, personalmente, ho sempre enormi difficoltà a chiudere l'ombrello perché puntualmente mi ci chiudo un dito dentro, o quantomeno mi scrollo tutta l'acqua sulle scarpe. Ma infondo, che la sottoscritta sia l'emblema della maldestria (che a quanto pare è una parola che non esiste, ma suona benissimo e quindi ve la tenete per buona), lo sapevamo già. Quindi, se gli altri copiano, vuol dire che è cosa buona e giusta aver fatto capolino dalla sicura coltre dell'ombrello, perché potremo tutti camminare con la mano libera e tornare a fare le storie su Instagr...ah no.

Il secondo: se non ha effettivamente smesso di piovere, e gli altri ci guardano come mi guardava Conci quando dopo un anno di pallavolo ancora non sapevo fare una battuta decente (ovvero pensando "vabbè, almeno va bene a scuola"), vuol dire che forse l'idea di sperare che abbia smesso di piovere, non è poi tanto giusta.


Tutto questo per dire che cosa?

Cacciate la testa da sotto all'ombrello. Il famoso "thinking out of the box", spiegato in episodi di vita vissuta. Abbiate il coraggio di rivolgere un palmo verso il cielo, sperando che non cada niente, perché quel niente è già qualcosa, potrebbe essere tutto. Una cosa importante però: non tutti quelli che vi guardano avranno ragione con le loro reazioni: né chi vi copia, né chi dissente perché non si fida o perché magari la sua nuvola di Fantozzi ancora caccia acqua a catinelle. Fidatevi di chi sorride, di chi per solidarietà vi guarda negli occhi e dice "vabbuò, c'hai provato!", di chi quasi vi verrebbe a dare il cinque per avergli tolto il peso di dover portare l'ombrello, la borsa della spesa e pure il cellulare che ha chiamato quello dell'assicurazione e devo rispondere per forza ma mo' comm' cazz' faccio che piove?

Non ascoltate tutti, ascoltate il cuore e l'istinto che vi dice che potete chiudere l'ombrello, tanto mal che vada, qualche passo sotto l'acqua, non ha mai ucciso nessuno.


Chi se mette appaùra, nun se còcca

cu 'e femmene belle.

Chi ha paura, non va a letto con le belle donne.


L'equivalente, molto più emblematico, dell'italiano "chi non risica non rosica".



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