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Esseri speciali


Quando sei in mezzo alle piante, non sei mai realmente solo.

Se anche non ci fossero insetti (cosa altamente improbabile), sicuramente ci sarebbero le piante stesse, e ce lo insegnano da sempre che le piante sono vive, per cui!


Stamattina c'era necessità di una bella disboscata, non di quelle amazzoniche eh, di quelle per rimuovere le infestanti dalle piantine autunnali, totalmente sepolte tra gramigna & friends. Era il momento adatto, dopo la pioggia incessante dei giorni scorsi, la terra è abbastanza morbida per consentire alle maledette di venir via con meno difficoltà.


Ricordo di aver già approfondito la questione del "togliere le erbacce finché si riesce ad eliminarle con tutta la radice, prima che sia troppo tardi", e relative metafore sulla vita vissuta.

Oggi, mi preme soffermarmi su un altro aspetto del diserbo manuale: la cura.


Parliamoci chiaro: tirar via le erbe che coprono le piantine in crescita è senza dubbio un atto d'amore. E qui qualcuno potrebbe dire: eh, ma le piante che strappi via, chi le ama? Amici miei, non c'era bisogno che arrivasse una mezza contadina a spiegarvi che ci sono sacrifici necessari, che non tutti siamo o saremo mai amati come pensiamo di meritare, e che ci sono cose talmente inutili che difficilmente qualcuno può pensare di salvarle dal loro infausto destino. Su quest'ultimo aspetto forse devo rendermi conto che viviamo in un paese, anzi in un mondo, in cui le cose inutili vengono apprezzate fin troppo, ma non è che sia tanto il caso di scendere troppo in profondità in questo 29 settembre, no?

Tornando a noi, la cura. Mentre io mi prendevo cura delle piante, di quelle socialmente (ed economicamente) utili, ho avuto l'ennesima prova che la natura è tutto un prendersi cura.

Nell'eliminare una copiosa quantità di gramigna che copriva i piccoli cavolfiori, ho scoperchiato un formicaio. La foga e la velocità con cui le formiche si sono affannate a mettere in salvo le uova era impressionante. Roba che manco io quando sento che è pronta la genovese di domenica (o anche di venerdì e sabato, ma questa è decisamente un'altra storia). In maniera del tutto naturale, ogni formica si è caricata un uovo o due ed è fuggita via dal pericolo, prendendosi cura delle nuove generazioni.




Poco dopo, siccome sono un animale strano anche io, sempre nella foga di tirar via tutto ciò che impediva ai finocchi di risplendere e approfittare della luce del sole, ho tolto via la coperta di terra a due lombrichi. Senza pensarci due volte, dopo averli opportunamente fotografati per il bene del mio profilo Instagram e per schifare qualcuno, li ho rimessi in una zona più tranquilla, ma sempre abbastanza vicina alle piante, perché i lombrichi sì che sono dei bravi aiutanti a costo zero.


E quindi, sporca di terra, sono scesa un attimo a fare delle cose mentre i ragazzi uscivano dal liceo sotto casa. Ho visto loro: lui che aspetta sul motorino, lei che esce e sorride sotto alla mascherina. Da quanto tempo non vi aspettano così? Con il sorriso di chi non si aspetta null'altro che un giro in motorino fino a casa, ognuno la sua. Con l'ingenuità di chi non chiede "com'è andata oggi" perché non importa, è solo scuola, è solo il secondo giorno. Questa è cura, in una delle sue forme più pure, credo.


La giusta conclusione del mio viaggio mentale era "come si dice prendersi cura in napoletano?" Senza libri, senza dizionari, ho scelto l'interpretazione per cui "stall' attient'" equivale a "prenditene cura". Perché l'attenzione è cura, e viceversa. "Stare attenti" a qualcosa o a qualcuno, vuol dire vigilare, esser certi che non manchi nulla, che tutto vada bene. La cura è già il passo successivo, per sua stessa natura, la cura è la soluzione ad un problema che si è già presentato. La cura è l'antibiotico per l'infezione, "stare attenti" invece è la sciarpa per evitare il mal di gola.


In un mondo in cui non esiste ancora la cura per tutto, stiamoci attenti gli uni con gli altri.


Fà bene e scordate, fà male e penza.

"Fai del bene e scordatelo, fai male e pensaci". 

Far del bene dovrebbe essere un'azione talmente naturale che non bisognerebbe nemmeno ricordarsi di quando lo si è fatto. Allo stesso modo se viene compiuta un'azione cattiva sarebbe opportuno fare un'attenta riflessione, onde evitare di ripetersi nuovamente.



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