Sense and Sensitivity
A volte sarebbe meglio essere imbranati, avere gusti semplici, una vita normale, una sensibilità nella media, un cuore piccolo, poche idee, obiettivi rasoterra.
Imbranata lo sono: tiro invece di spingere le porte, sbatto con gli stinchi nelle sedie e inciampo nelle cose più impensate. Però mi sono scelta un percorso complicato in un contesto difficile, con una sensibilità che mi fa piangere e star male appena mi si tocca un nervo. Sono imbranata ma non incapace, e lascio che parli il mio ego quando dico che, con i giusti tempi per imparare e adattarmi, riesco a fare ciò che mi metto in testa.
Ma adesso davvero non ce la faccio più.
Ci ho provato a combattere una battaglia alla volta, ho provato a vedere il lato luminoso e colorato anche dei momenti più bui, ho continuato ad entusiasmarmi per le piccole cose, ma non funziona più.
Non c'è tregua, non trovo il tasto per mettere in pausa, dove cazzo sta?
Quella appena finita è stat una settimana complicata, fatta di litigi e nuovi problemi sorti senza che nessuno li avesse previsti. Ho fatto il passo più lungo della gamba comprando un'auto funzionale ma enorme, ho scoperto che il mio corpo inizia ad accusare il peso dello stress, ho ammesso di aver fallito nel pensare di potermi occupare come si deve di Pablo, mi sono fatta l'ennesimo esame di coscienza e ho preso atto del fatto che l'unico mio vero posto nel mondo sarà sempre e solo quello in cui sarò sola.

Mi sono svegliata in un lunedì di pioggia, con tre quarti della popolazione che si sente in dovere di esprimere la sua opinione su queste elezioni e con almeno sette/otto questioni spinose da risolvere... ma appena ho visto che i semini stanno germinando ho sorriso come una bimba.
Ci ho provato, io ci provo sempre.
E invece no, non basta mai.
Pablo deve affrontare un altro intervento, i miei clienti sono ancora senza verdure e sono certa di averli delusi, i lavori sono in ritardo, l'astronave dà problemi, colei che aveva portato ancora un po' di musica in più tra le mie piantine andrà lontano dall'Italia domani.
Sì, mi sto lamentando.
Mi sto lamentando proprio perché non vorrei farlo, io vorrei uscire tutte le mattine all'alba con la bandana come Rocky Balboa e sfondare tutto, vorrei lottare a denti stretti e prendere a pugni ogni singolo problema. Se è necessario voglio fare l'idraulico, l'elettricista, il veterinario, l'esperta di marketing, la donna delle pulizie.
Ho bisogno di fare, e non ne posso più di perdere tempo con discussioni inutili, con inutili ostacoli messi lì di proposito in cui inciampare. Io voglio spaccarmi le mani e la schiena e prendere a sassate tutti i sogni ancora in volo (scusate la licenza poetica).
Vorrei avere il tempo per lamentarmi delle elezioni (lo sto usando per scrivere stronzate, che forse è meglio), vorrei non fregarmene di niente quando so di aver deluso le aspettative, vorrei accontentarmi, vorrei chiudere la porta in faccia a tutto ciò che non voglio vedere senza preoccuparmi. E invece no. Sono un cazzo di dente sensibile che addenta ghiaccioli 15 volte al giorno, sono un dannatissimo vulcano attivo di emozioni e sentimenti e sono una cretina, perché pur di sbattere con la mia testa (o la mia macchina nuova) nelle cose mi faccio talmente male che non mi accorgo nemmeno di aver superato i limiti fisici e mentali che ho.
Doppio proverbio oggi, se siete arrivati fin qui ve lo siete meritato.
'Ncopp' 'o ccuotto l'acqua vulluta.
- Sopra un alimento già cotto, si butta acqua bollente -
Di male in peggio.
Facesse 'na culata e ascesse 'o sole!
- Uscisse il sole quando faccio il bucato! -
La culata è detta così dalla pratica di far colare l'acqua bollente, attraverso un telo cosparso di cenere e di rami profumati, sui panni da lavare, immersi in un lavatoio.